È un buon periodo per il fallimento. Se il successo è stato protagonista degli anni ’80 e ’90, le crisi del nuovo millennio hanno offerto materiale sterminato per raccontare di chi non ce l’ha fatta. Ma senza drammi o disperazione, perché, ormai è risaputo, ogni crescita reale, ogni realizzazione di sé si costruisce scalando montagne di errori. Ovvero, sbagliando si impara. Manuali e libri si moltiplicano, addirittura geniali enciclopedie, c’è speranza per tutti.
E allora ecco il racconto di un fallimento, ma così luminoso da portare fama, successo e anche soldi. Se le sue protagoniste vivessero ai giorni nostri sarebbero il materiale perfetto per una fuckup nights. Con tanto di standing ovation, garantito. È una storia di perseveranza ai limiti dell’ottusità. È una storia da romanzo, se ce n’è una.
The Infamous Cherry Sisters
Siamo nel 1896: niente radio, niente TV; film come intrattenimento popolare ancora di là da venire. L’industria discografica pure. Niente auto, niente aerei. L’epicentro del divertimento pubblico è il teatro. Cantanti itineranti, giocolieri, cani, pianisti, menestrelli e buffoni che spruzzano il seltz dal sifone lavorano negli spettacoli viaggianti conosciuti come Vaudeville. C’erano delle stelle, come Nora Bayes, Fanny Brice e Sophie Tucker e c’erano le Sorelle Cherry (e già il nome è tutto un programma). Erano cinque, una tira l’altra, come le ciliegie. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, le Sorelle Cherry erano l’equivalente di un meme. Per trovare un analogo più vicino a noi immaginatevi le leggendarie The Shaggs, ma senza il loro talento (!) o il terzetto Del Rubio, ma a prezzo ridotto e con un trucco ancora più scadente. Roba forte, quindi.
Le sorelle Effie, Addie, Ella, Jessie ed Elizabeth, di Marion, Iowa, erano, per unanime racconto contemporaneo, il peggior spettacolo di Vaudeville mai visto su questo o svariati altri pianeti. Il loro show, Something Good, Something Sad, era così atroce da scatenare un’isteria pubblica al limite della perversione masochistica: dopo aver girato il Midwest andò in scena tutto esaurito a New York per dieci settimane e permise all’impresario Oscar Hammerstein di salvare la sua gigantesca Olympia Music Hall dall’orlo della bancarotta.
L’ascesa al fondo delle Cherry cominciò con un’ambizione innocente: guadagnare abbastanza denaro per visitare la Fiera mondiale di Chicago del 1893 (e forse trovare il fratello Nathan, che si era dato alla macchia proprio in quel di Chicago, chissà come mai). Le contadine della prateria ci si misero d’impegno quindi, e confezionarono il loro spettacolo martellando a tutto spiano liriche sentimentali, atti unici edificanti, ballate stonate e goffi esercizi di dialetto etnico. Senza precedenti esperienze delle luci della ribalta, calcarono prima le tavole amiche del loro villaggio natale, troppo educato per dire loro la verità e poi, incoraggiate dagli applausi del vicinato – che probabilmente sperava di vederle sparire – e da un modesto profitto, le Cherry andarono in tournee.
Prima di rotten tomatoes c’erano… i pomodori marci.
Girando tra le paludi e gli auditorium municipali del Midwest, le nostre 5 sorelle risultarono così tremende che all’inizio il pubblico sembrava troppo attonito per lamentarsi; non così i committenti che cominciarono a esprimere il loro consenso critico lanciando cavoli e pomodori ben maturi. Un esempio che ben presto fu seguito dai più. Per proteggere le sue sorelle, Addie, più di una volta dovette brandire il fucile per tenere a bada la folla turbolenta. Un recensore regionale le descrisse come “miserabilmente povere, domestiche, ignoranti e senza una traccia di gusto”. A Cedar Rapids la Cedar Rapids Gazette, dichiarò: “Se qualche istintivo soprassalto di pudore non fosse giunto ad avvertirle che stavano facendo la figura delle scimmie, le soprascarpe gettate su di loro avrebbero probabilmente chiarito il concetto…. insieme a sigari, sigarette, gomme… tutto venne gettato contro di loro, ma rimasero lì, inchinandosi goffamente, recitando i loro ringraziamenti e cantando“.
Pensate che si arresero? Nemmeno per sogno. Quando il troppo era troppo citavano in giudizio i giornali per diffamazione. E in un caso limite, la Corte Suprema dello Iowa alla fine si pronunciò per la prima volta a favore del diritto di un giornale di criticare liberamente le esibizioni pubbliche. Quindi, a loro modo, fecero la storia.
E poi via, di città in città, schivando uova marce e frutta matura, cavoli, patate e raffiche di rape. Esibirsi per pagarsi la cena è un conto, vedersela scagliare addosso un altro. Per fortuna un promotore compassionevole eresse uno schermo a maglie metalliche tra il palco e il pubblico. Quindi, se avete sempre pensato che la rete a protezione dei Blues Brothers durante l’esibizione nel locale di Bob fosse un’esagerazione cinematografica, be’, ora sapete che non è così.
Ma ci erano o ci facevano?
Sopportavano strenuamente insulti e violenze perché sapevano che chi disprezza compra e che avere un pubblico che ti viene a vedere per farsi quattro risate è sempre meglio che avere la sala vuota? Oppure erano davvero così naif e autenticamente atroci, senza averne vera consapevolezza. O ancora, magari, inseguivano una forma d’arte estrema, che i più non potevano capire. È troppo azzardato immaginarle come creatrici di un’opera-catasfrofe, così come ce ne parla Luigi Bonfante nel suo Catastrofi d’arte? Il loro spettacolo, quasi un enigma filosofico, che spiazza, sottrae punti di riferimento e aspettative, è sgradevole e beffa lo spettatore rinunciando a compiacerlo. Ehm, probabilmente sì.
Tuttavia, nel corso degli anni, intorno a loro si è sviluppata una vera e propria mitologia sul perché perseverassero. Sono diventate una leggenda metropolitana. Un verdetto definitivo sulle loro autentiche motivazioni potrebbe non arrivare mai. “O le Sorelle Cherry sono completamente sincere e si prendono sul serio” ha detto il Des Moines Register, “o sono le attrici più abili che il mondo abbia mai conosciuto”. Sia come sia, un grazie alle Sorelle Cherry: il mondo sarebbe stato sicuramente un posto un po’ più triste senza di loro!