Una passeggiata lunga una vita: gli anni ‘80, i cambiamenti e le seconde occasioni di una città che continua a reinventare se stessa.
Quanti di voi passeggiano per le strade della propria città e lo fanno con spirito osservatore? Lasciamo perdere le commissioni, lo shopping, lo struscio e le gite al parco. Quanti esplorano o si perdono nella propria città, sperando di scoprire l’inatteso dietro casa, di sorprendersi con cambiamenti che non immaginavano nemmeno? L’attenzione riservata al luogo in cui abitiamo è blanda, le antenne a riposo, la distrazione la norma. Lillian no. Lillian mai. Sempre vigile e curiosa, sempre attenta a raccogliere storie in qualsiasi luogo esse germinino, sempre conscia di ogni increspatura nel tessuto vivo della sua amata New York. Sollecita al ricordo e aperta a nuovi incontri.
E’ così che la vediamo nel Capodanno del 1984 quando, con un velo del suo rossetto preferito e l’inseparabile pelliccia di visone (che nessuno le ha regalato ma che ha orgogliosamente comprato con i soldi guadagnati), esce per una passeggiata, nel futuro di quell’anno che volge al termine e nel passato della sua incredibile vita, che ci racconta, un ricordo dopo l’altro, mentre il pomeriggio diventa sera e poi notte.
Un percorso circolare, un cerchio che si chiude, proprio come il cerchio della vita, per tracciare bilanci e indulgere in riflessioni acute e coraggiose come nello stile inconfondibile di Lillian. Dal quartiere di Murray Hill, dove vive, fino all’estremo lembo di Lower Manhattan per il suo Mulligan con una bistecca di Delmonico’s, e poi su di nuovo, a risalire la città bordeggiando il cambiamento: il World Trade Center, il Chelsea Market, La Penn Station, e dopo l’ultimo saluto a Macy’s, di nuovo a casa.
Anche in questo caso, con l’aiuto del nostro tour operator Cristina Ferrando girasole_inviaggio, siamo partiti da tre punti fermi, tre luoghi intorno a cui articolare la nostra mappa: il quartiere di Murray Hill, Delmonico’s e Penn Station.
Murray Hill, il quartiere con quel nome così rassicurante (sembra quasi una persona, l’allegro Murray Hill) è un reticolo regolare di vie con mattoni a vista e cancelli in ferro battuto. Quieto, tranquillo. Così come quieta e tranquilla si è fatta negli anni la vita di Lillian\Margaret. Dopo la nascita del figlio infatti, così come prassi dell’epoca, ha dovuto lasciare il suo impiego da Macy’s e lavorare da free lance. Ma non è mai più stata la stessa cosa. La famiglia è stata importante per lei tuttavia, privata di quella fiera autonomia, di quella libertà assoluta di dar sfogo alla creatività, Lillian, proprio come un fiore, è appassita. E quel quartiere, appartato e distante, così come le sue origini suggeriscono, ne ha accolto i momenti sereni e quelli più bui, proteggendola con il riserbo un po’ anonimo che lo contraddistingue.
Oggi lo si percorre per rallentare il ritmo, lontani dalla frenesia del centro pulsante della Grande Mela, spingendosi a sud verso Curry Hill per una cenetta indiana, dopo aver dato uno sguardo al Morgan Library and Museum ristrutturato dal nostro Renzo Piano. Non lontano c’è l’East Village, negli anni Ottanta uno dei luoghi nevralgici della controcultura, della musica e dell’arte, che vide una giovanissima Madonna intrecciare una turbolenta storia d’amore con Basquiat, e i famigerati riots di Thompinks Square Park, nel 1988. Con essi la parabola in discesa di New York, che a fine anni ’70 era addirittura Fear City, la città spaventosa di Taxi Driver e I guerrieri della notte, finisce e la propulsione dell’edonismo reganiano, unito alla tolleranza zero dei suoi sindaci, ci restituiranno la città che conosciamo ancora oggi.
La seconda occasione che Lillian concede a Delmonico’s riguarda una bistecca, quella che la prima volta, mentre stava divorziando, non si è potuta gustare. Così si fa mezza città a piedi per raggiungere il primo ristorante di New York, con le colonne pompeiane all’ingresso, frequentato nella sua lunga storia da teste coronate, milionari, scrittori e politici di rango. Delmonico’s sta ai ristoranti come Macy’s sta ai grandi magazzini: innovatore ed esclusivo. Tutto ciò che diamo per scontato quando andiamo oggi in un ristorante – menu, orari fissi, camerieri, carta dei vini, tavoli indipendenti con tovaglie e posate (!) – scontato non era e Delmonico’s lo introdusse negli Usa per primo.
Lillian ha il suo Mulligan e, soddisfatta, si rimette in viaggio per tornare a casa. Ma non prima di aver fatto altri incontri, di aver rimestato altre memorie agrodolci. E così fiancheggiamo con lei il World Trade Center e le scomparse Torri Gemelle (già Cortland Street detta Radio Row) e poi il Battery Park City in costruzione fino a un edificio abbandonato e occupato abusivamente dove Lillian fa visita alla sua amica fotografa Wendy. Quel luogo, già sede della Nabisco che produceva biscotti, è uno dei simboli più iconici del cambiamento della metropoli: il Chelsea Market. Negli anni Ottanta presidio degli squatter artistoidi, ora sede di Google e tappa obbligata per gli hipster di tutte le latitudini.
E’ quasi mezzanotte, la passeggiata volge al termine. Ma c’è ancora tempo per un ultimo colpo di scena: proprio alla Penn Station, altro luogo cambiato radicalmente nel tempo, dove una Lillian entusiasta arrivò sessant’anni prima, subisce un’aggressione che solo il suo spirito indomito, la sua arguzia e la fiducia illimitata che ripone nelle parole e, in fondo, nelle persone, la salva da una tragedia. E con se stessa Lillian salva anche la città, che non è più la stessa, ma forse invece sì, se ci prendiamo il tempo di conoscerla e ascoltarla senza pregiudizi e con gli occhi, il cuore e la mente ben aperti.