
Le sorprese sono il sale della vita. Si dice così? Riuscire a prevedere sempre tutto non solo risulta noioso, ma è privo di spinte che portino a una crescita. Questo è vero nella vita, e di conseguenza, o forse a maggior ragione, è vero nella letteratura.
Li chiamiamo colpi di scena, e tengono acceso l’interesse del lettore. E come le sorprese nella vita scatenano reazioni diverse a seconda della loro natura, così dentro una storia sono strumento per ottenere una certa reazione da parte del pubblico. L’utilizzo più immediato è la creazione di suspense, che aumenta la tensione, la preoccupazione o paura per le sorti dei protagonisti, che si tratti di un thriller o di una saga familiare.
A volte, però, l’inaspettato scatena ilarità.

Nella nostra più recente pubblicazione, Lo zio cadavere di Ian Macpherson, l’autore lo usa in entrambi i modi. Non si può trattenere un sorriso, se non addirittura una risata, quando il narratore, che già ha un dialogo aperto con il lettore, decide di lasciare un momento Hayden, il protagonista, agli affari suoi, poco importanti per la trama, e inseguire quello che lui considera il proprio guru riguardo alla comicità. E come fa? Non si limita a raccontare, ma entra fisicamente nella storia inseguendolo in bicicletta.
È l’assurdo che diventa reale, come accade a Tom Baxter, personaggio del film dentro il film La Rosa purpurea del Cairo, che esce letteralmente dallo schermo, e così il reale diventa assurdo. Ma siamo sicuri che assurdo non lo fosse già? Siamo sicuri che la realtà che ci raccontiamo abbia le carte in regola per essere chiamata tale?
Ed ecco allora che la meta narrazione diventa veicolo filosofico, scherzosa considerazione sulla natura tragica della commedia, su quella comica della realtà, dove finzione e vita si intrecciano in un quadro surreale, cioè super reale.
Scombina le carte, i piani, le forme e le strutture. E grazie al caos ci aiuta a capire qualcosa, che sia anche solo (e scusate se è poco) il sapere di non sapere.