Diario dell’amicizia tra la traduttrice segreta di Vittorini e uno sciupone della vita
18,00€
a cura di Benedetta Vassallo
Quando Guglielmo Bianchi e Lucia Rodocanachi si conoscono, all’inizio degli anni Trenta, lui vive tra Lavagna, Genova e Parigi, è un poeta e un artista “furibondo di gloria”, un dandy che aspetta la sua consacrazione tra la ville lumière e quella sottile striscia di Liguria. Lei invece è la musa, instancabile motore di ispirazione creativa, degli “amici poeti degli anni Trenta” che si riuniscono nella casa che divide insieme al marito pittore ad Arenzano: tra gli altri Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro, Carlo Bo, Adriano Grande, Gianna Manzini, Henry Furst.
L’amicizia che da subito lega Bianchi e Rodocanachi sfocia in una corrispondenza che copre un decennio fondamentale per la Storia collettiva e la loro storia personale. Le 34 lettere scelte si snodano in un arco temporale che va dal 1937 al 1947: in questi anni Bianchi si consuma in un’esistenza inquieta, causa ed effetto di un successo mai raggiunto, fugge in Sud America, naufrago superstite di un mondo che non riesce più a comprendere. Lucia legge, studia, traduce – spesso su commissione al servizio di penne importanti: Montale, Vittorini, Sbarbaro, Gadda senza che il suo nome venga mai menzionato – attraversa la guerra, viene incarcerata e sfollata. E scrive. Scrive agli amici nel tentativo di illuminare quel buio, di riannodare i fili delle loro vite drammatiche. In pochi hanno conservato quelle lettere, uniche testimoni di una scrittura pulsante e vitale. Guglielmo fu uno di questi.
Questa raccolta mira a ricostruire il sostrato artistico e letterario che contribuì a dare vita a una stagione culturale irripetibile per la Liguria dei primi del Novecento e a conoscere la storia, intellettuale e umana, di due artisti da riscoprire.
Selezione delle lettere e note introduttive a cura di Benedetta Vassallo.
Suddivisione tematica a cura di Alessandra Barbero.
Con approfondimenti critici di Alessandra Barbero, Virna Brigatti, Silvia Falcione e Anna Ferrando.
Guglielmo Bianchi
Invecchio e non ho fatto strada né in un senso né nell’altro. Ambizioso e pigro, dinamico e claustrale, visionario e pratico, umile e megalomane, puro e lussurioso, aureolato e maledetto.
Guglielmo Bianchi
Guglielmo Bianchi era un artista poliedrico: pittore, poeta, sceneggiatore: impossibile classificarlo o imprigionarlo in uno schema. Più che al canone dell’artista bohémien la sua figura appartiene all’immaginario del dandy. Si poteva permettere il lusso di finanziare quasi interamente una rivista, Circoli, evitandone così il collasso, poteva dipingere e scrivere per puro diletto, senza nessuna preoccupazione economica, sostenuto dalla fortuna di una famiglia più che agiata. Nel 1937 ha già al suo attivo due raccolte di poesie – Sciamiti e Sestante– e una raccolta di prose, Eleganze. La sua attività pittorica non è da meno: particolarmente prolifici si rivelano gli anni dal 1930 al 1935, durante i quali vedono la luce le sue opere più significative e originali. Sono gli anni delle interminabili peregrinazioni che lo portano in giro per l’Italia e per l’Europa.
Tre anni dopo, alla fine del 1938, Bianchi varca l’oceano per raggiungere il fratello Alberto a Buenos Aires. L’aveva già fatto in altre occasioni, ma questa volta lo accompagna la sensazione che sarà qualcosa di definitivo. Probabilmente aveva capito verso quale destino l’Europa si stava avviando a grandi passi.
In Argentina Bianchi lascia che le proprie velleità, le sue aspirazioni si sciolgano nel caldo asfissiante della pampa. Non scrive, non dipinge, resta cristallizzato nel qui e ora di un presente di cui si sente solo inutile spettatore, mente il teatro dell’Europa va a fuoco trascinando con sé gli amici e la sua vecchia vita.
Quando ritorna, una volta esaurita la tempesta, aveva “in gran parte perduto quello spirito ironico che lo faceva ospite del mondo. Sentiva che il mondo aveva cambiato abiti e modi e probabilmente non si ritrovava più con le abitudini di un tempo”, come racconta Carlo Bo.
Muore a Lavagna nel febbraio del 1966.
Leggi tuttoLucia Rodocanachi
E qui non capisco più affatto, ma ammiro, ma invidio. Io non perdo nessuno, sicché son gli altri a perdere me.
Lucia Rodocanachi
Trasferitasi con la famiglia da Trieste a Genova, Lucia Rodecanachi completa qui gli studi e si iscrive all’Accademia Ligustica di Belle Arti dedicandosi con profitto allo studio del disegno dei gioielli e al ricamo, tanto che nel 1925 e nel 1927 i suoi lavori sono esposti nelle sale liguri della II e III Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza di cui era direttore Mario Labò, dal 1918 marito di sua sorella Enrica.
A metà degli anni Venti si trova così a frequentare una ricca schiera di giovani pittori e poeti, e quando nel 1930 sposa il pittore Paolo Stamaty Rodocanachi, trasferendosi ad Arenzano, la sua casa diventa rifugio e ritrovo dei numerosi artisti che frequentavano già da qualche anno lo studio di suo marito in via Montaldo. L’ospitalità e la conversazione brillante della padrona di casa lo rendono un luogo molto speciale e a poco a poco il cerchio degli amici si allarga. Quel gruppo che Lucia chiamò, anni dopo, gli “amici poeti degli anni Trenta” aveva assunto proprio nel corso di quel decennio una sua precisa identità. Lucia diventa il loro punto di riferimento, ne segue da vicino il lavoro, spronandone l’entusiasmo e valorizzandone la creatività. Diventa la loro musa. Con molti di loro Lucia intrattiene una fitta corrispondenza: con le amiche scrittrici, tra cui Gianna Manzini, Irene Brin, Orsola Nemi, Lola Grande, Ottavia Menzio ed Elena Vivante, e con molti dei più importanti letterati e artisti che negli anni Trenta popolarono il panorama culturale italiano, mantenendo con questi rapporti di amicizia e di collaborazione che proseguirono fino alla sua scomparsa. Dopo gli anni della guerra, durante i quali Rodocanachi fu incarcerata e sfollata, prosegue nella sua attività di traduttrice “a cottimo” per quelli che lei stessa definiva i suoi negrieri: Vittorini, Montale, Bo, Sbarbaro, Gadda.
Non solo traduttrice per altri, ma anche presso se stessa, Rodocanachi collabora con importanti editori – Garzanti, Longanesi, Frassinelli – e firma per i «Gettoni» di Einaudi la traduzione italiana del Ritratto di giovane artista del poeta gallese Dylan Thomas, pubblicato nel 1955 nella collana diretta dallo stesso Vittorini.
Si spegne ad Arenzano nel maggio del 1978.
Leggi tuttoINDICATO: per chi non si sente mai al passo con i tempi, a whatsapp preferisce un biglietto e a una mail una lettera con ceralacca.
POSOLOGIA: assumere due volte l’anno, a Pasqua e il giorno di Santo Stefano.
EFFETTI COLLATERALI: potreste essere colti da un’improvvisa voglia di viaggiare con lentezza, soggiornare a Parigi e sedervi ai tavolini dei cafè di Montmartre sperando di vedere passare Picasso, De Chirico o Sartre.