Mind the Gap!

I pregiudizi di genere nel mondo editoriale e artistico in generale sono duri a morire.

A vedere i nomi dei vincitori 2018 dei più prestigiosi premi letterari italiani verrebbe da dire che qualcosa è cambiato. Helena Janeczek si è aggiudicata lo Strega e il Bagutta, Rosella Postorino il Campiello, la scrittrice basca Dolores Redondo il Bancarella. E non sono casi isolati. Forse qualcosa si sta muovendo nel panorama letterario nazionale e internazionale? Così sembrerebbe: negli ultimi tempi la presenza femminile tra gli autori di massima visibilità è in costante crescita. Ma ne siamo proprio sicuri? La strada da percorrere per colmare il gender gap, in editoria come in qualsiasi altro settore delle arti o dello spettacolo, è ancora lunga.

In effetti pareva fossimo partiti con il piede giusto se si pensa che nel 1611 Emilia Bassano fu la prima poetessa a essere pubblicata in Inghilterra. Poi qualcosa dev’essere andato storto, o forse i contemporanei, maschi ovviamente, sono semplicemente rinsaviti spedendo Emilia e le sue colleghe letterate dritte nel vasto mondo dell’oblio. E nonostante sia passato qualche secolo, siano state combattute e vinte diverse battaglie di emancipazione sociale, quando si parla di letteratura con la L maiuscola, il genere è ancora ben lontano dall’essere neutro.

Una ricerca inglese che porta il nome della poetessa colpita da damnatio memoriae è molto chiara sull’argomento: le scrittrici subiscono ancora i pregiudizi del mercato, che le recensisce, le intervista e in generale ne dà notizia meno di frequente rispetto ai colleghi uomini. Ma se questo ancora non arriva a farvi provare un leggero formicolio di sdegno, sappiate che anche i toni che vengono utilizzati sono differenti: come fa a conciliare lavoro e famiglia?, com’è essere scrittrice, moglie e madre?, il suo compagno è felice della sua scelta? Dobbiamo continuare? Usate la fantasia, anche la più sfrenata, e state tranquilli, non è poi così lontana dalla realtà.

E tutte le donne che lavorano affinché i libri, anche di uomini, siano ben tradotti, editati, comunicati, venduti, confezionati? Dai, per loro, non ci saranno differenze di genere, no? Illusi! Un altro studio inglese ha stigmatizzato il fatto che all’interno dei tre maggiori editori britannici (Penguin Random House, Hachette UK e HarperCollins) i due terzi della forza lavoro siano donne, ma mediamente pagate meno degli uomini. E man mano che si sale nella scala gerarchica, il fenomeno diventa inversamente proporzionale – più in alto si va e meno donne troviamo. Come a dire: “Care ragazze, va bene la bassa manovalanza, ma quando bisogna mettere in campo l’intelletto e il fiuto per gli affari, è meglio che lasciate fare a noi maschietti”.

In Italia, c’era da aspettarselo, non siamo messi meglio. Redazioni, librerie, biblioteche sono territori femminili per eccellenza in quanto a trend occupazionali (per non parlare delle lettrici, vera ossatura portante dell’asfittico mercato librario italiano), ma solo poche si siedono al vertice della filiera del libro. L’editoria è quindi una faccenda da donne, ma spesso con uomini soli al comando.

Cosa possiamo fare allora? Rinunciare? Rimetterci il grembiule e tornare ai fornelli? Non è ancora il momento di gettare la spugna. Soprattutto nelle piccole realtà indipendenti, le donne hanno imparato a fare da sé, reclamando ruoli imprenditoriali e direttivi e accettando la sfida senza paura.

Dunque, dicevamo prima, qualcosa si muove, è vero. Sia che si tratti dell’esigenza di fronteggiare il trumpismo con una buona dose di anticorpi “femministi”, dello scandalo Weinstein e il movimento #metoo, o del fenomeno Bambine Ribelli, una cosa è certa: stiamo vivendo un Rinascimento al femminile la cui forza propulsiva non sembra destinata a esaurirsi tanto presto. Prova ne è il proliferare di eventi culturali gestiti da donne e rivolti alle donne, in Italia come all’estero. A fine agosto 2019 è previsto il debutto di un festival letterario nuovo di zecca, nel Suffolk, il cui nome, Primadonna festival, non lascia dubbi sulla mission che si è dato: riportare la donna al centro dell’esperienza letteraria a di scrittura e colmare il gender gap.

Anche l’universo cinematografico e televisivo non è rimasto a guardare. Film e soprattutto serie TV abbondano di vicende originali, complicate, trasgressive e sorprendenti con al centro le donne. Personaggi femminili incredibili imperversano sul piccolo e grande schermo (vogliamo parlare di come è trattato l’universo femminile in GOT?) con una libertà e un coraggio difficili da immaginare fino a poco tempo fa. Anche qui, ovvio, non abbiamo gioco facile. I pregiudizi sono difficili da sradicare e i meccanismi ardui da scardinare. Registe, sceneggiatrici, produttrici sono ancora una specie protetta, ma il loro numero sta aumentando, anche grazie alle nuove tecnologie. Le piattaforme streaming in questo sono state una vera benedizione. L’offerta si è allargata, la ricerca di contenuti moltiplicata, la possibilità di sperimentare è diventata una realtà, anzi, un’esigenza. La par condicio nella tecnologia è pane quotidiano: va avanti chi sa sfruttare al meglio le sue enormi potenzialità.

Quindi, mind the gap!, ragazze, l’occhio del maschio ci osserva, ma noi stiamo imparando a sostenere il suo sguardo.

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