La frase, terroir inconfondibile dello scrittore

lo stile unico di ogni scrittore

Cosa leggiamo quando leggiamo i libri che amiamo?

Storie, certo. Storie che parlano di personaggi capaci di diventare familiari quasi fossero persone vere. Ma se semplifichiamo all’osso la verità è che leggiamo frasi. Una sequenza più o meno lunga di quella che è l’unità minima, e originale, di ogni opera letteraria.

Più di ogni altra cosa è questo che individua l’unicità di uno scrittore, la sua voce inimitabile. Tutto parte dalla frase, il frattale che, replicato innumerevoli volte, sempre diverso eppure inesplicabilmente uguale, dà vita al libro. Con la sua struttura e il suo ritmo, con le pause e gli accenti, racchiude molto più del significato delle parole. Ed è in questo scarto che risiede buona parte della magia della scrittura.

Quando l’immenso Cormac McCarthy si riveste dei panni di editor e dà consigli su come scrivere, la direzione che ci invita a prendere è inequivocabile: “Usa frasi chiare e concise, e un aggettivo solo se è pertinente. Rimuovi parole e virgole inutili ogni volta che puoi”.

Ci suggerisce cioè di puntare verso il minimalismo, e quindi di levigare e setacciare il testo fino a togliere ogni aderenza e imperfezione, qualsiasi elemento che ne comprometta la comprensione e l’immediatezza. È un processo a cui non si sottrae lo stesso Cormac che, nel tempo, sembra aver sottoposto la sua arte a una lenta e inesorabile distillazione. Ma il suo stile, be’, quello rimane riconoscibile, sempre e comunque.

E quindi, che profumo ha la scrittura?

È il terroir, per così dire, da cui germoglia la letteratura. È quella cifra inesplicabile che rimane percettibile e riconoscibile, proprio come un vino che restituisce i profumi e i tratti che sono solo suoi, perché espressione di un particolare terreno e di un particolare clima. E il terroir di uno scrittore si esprime attraverso le frasi che usa.

Gli incipit di Suttree:

Caro amico adesso nelle polverose ore senza tempo della città quando le strade si stendono scure e fumanti nella scia delle autoinnaffiatrici e adesso che l’ubriaco e il senzatetto si sono arenati al riparo di muri nei vicoli o nei terreni incolti e i gatti avanzano scarni e ingobbiti in questi lugubri dintorni, adesso in questi corridoi selciati o acciottolati neri di fuliggine dove l’ombra dei fili della luce disegna arpe gotiche sulle porte degli scantinati non camminerà anima viva all’infuori di te.

E de La strada:

Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l’inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo.

apparentemente non potrebbero essere più diversi. Ma la cadenza, la solennità, il ritmo, l’uso scarno fino all’abbandono della punteggiatura sono entrambi Cormac McCarthy al 100 %. Il suo terroir ha il sentore dell’umanità, molte ombre e un retrogusto di sacro in tutto ciò che è profano.

Facciamo un gioco

È un esercizio che si può provare a fare con i nostri autori preferiti. Per me il terroir di Virginia Woolf è aria salmastra e ritmo cadenzato di un’onda. Pensiero che diventa forma viva e impressione intensa che si mischia al ricordo:

Quanto era fresca, calma, più ferma laggiù naturalmente, l’aria di prima mattina; come la chiarezza di un’onda, il bacio di un’onda, freddo e pungente e tuttavia (per una ragazza di diciott’anni qual era lei allora) solenne, sentendo come lei sentiva, là in piedi davanti alla finestra aperta, che stava per accadere qualcosa di terribile.

E se invece penso ad Alice Munro il terroir che mi immagino sa di contorni netti, di boschi, e aria sottile e vetrificata. Un rigoroso equilibrio, un‘esatta perfezione descrittiva:

E così questa era la prima volta. Spaventi del genere andranno e verranno. Finché toccherà a quello vero. Quello che non se ne andrà. Ma per il momento c’è il granturco che matura, la piena estate che fa il suo corso, il tempo che ritrova spazio per battibecchi e  banalità.

E si potrebbe continuare, perché ogni scrittore di talento ha una sua voce originale, il suo terroir di provenienza, ogni lettore ugualmente di talento è in grado di riconoscerlo. A partire dalle frasi che legge.

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