Ispirazione artistica – tra epifanie e giri in tangenziale

Fin dall’antichità ci si interroga su che cosa sia l’ispirazione, soprattutto quella artistica, e gli antichi Greci ci vengono in soccorso con le Muse, guidate da Apollo, che avrebbero dato vita alle diverse produzioni dell’arte, dalla lirica all’epica, passando per la commedia e la danza e così via.

L’ispirazione è per molti qualcosa che arriva dall’esterno, a cui si ha accesso come privilegio, per spiccata sensibilità o altro, come i vapori divini che fanno pronunciare una profezia all’Oracolo di Delfi.

Ma soffermiamoci sull’arte della letteratura.

I Romantici parlano di genio artistico, una sorta di dio interiore da cui derivavano le idee. 

Qualcuno fa addirittura riferimento alla scrittura automatica, come Samuel Tayolor Coleridge e più tardi William Butler Yeats.

Ma che cos’è oggi l’ispirazione? Esiste ancora?

Be’, esistere deve per forza, in qualche forma. Sedersi a tavolino e buttare giù uno schema è un’attività ordinata e metodica che parte però sempre da qualche tipo di idea. E da dove è venuta questa idea? Da un momento di ispirazione. Da un momento di epifania, che ha permesso all’artista di vedere aspetti straordinari all’interno della realtà ordinaria, o di rappresentare mondi lontani.

Io me la immagino un continuo lavorio della mente, che macina le informazioni più disparate, provenienti dai luoghi e dai momenti più diversi, e le smista. Molte vanno a finire in archivio, altre arrivano al cuore e accendono la miccia che dà inizio a una reazione a catena, la quale risulta alla fine nella creazione dell’opera.

Ogni volta che scrivo o pronuncio la parola cuore ho un brivido di paura, perché ne è stato fatto un uso svilente, limitante e sminuente. Forse per via di un complotto preciso, forse per pura distrazione, ma non sembra anche a voi che faccia salire il livello di glicemia nel sangue?

Però il cuore è la fucina dove la conoscenza prende una forma accessibile agli altri. Uno scrittore che voglia mettere al centro della propria narrazione una qualsiasi situazione umana, dovrà prima osservarla, poi comprenderla… ma non arriverà da nessuna parte se non sarà in grado di sentirla, di provare empatia, di viverla dentro. E per fare tutto ciò ha bisogno del cuore. Ha bisogno di espandere la propria energia a includere ciò che è fuori da lui. Solo dopo potrà riportarlo all’esterno sotto forma di storia. 

E per scendere, o salire, al piano del cuore, i metodi sono i più diversi. C’è chi ama scrivere in un bar; chi circondato dai libri, con il gatto a sorvegliare ogni mossa e una tazza di tè o caffè a portata di mano; qualcuno esige silenzio; altri devono mettersi in moto e spostarsi nella natura, o magari in tangenziale. Per ognuno di noi, e per ogni artista, i momenti che premono il pulsante Cuore nel nostro ascensore interno sono vari e magari variabili. 

Ma non si scappa: è a quel piano che dobbiamo fermarci se vogliamo creare un prodotto artistico.

E non pensate che questo abbia come risultato opere buoniste o gentili e soavi, perché entrando in contatto con l’altro da noi, veniamo a sentire quello che l’altro sente, nel bene e nel male, e il buio ci interessa quanto la luce, il male quanto il bene, il brutto quanto il bello. 

E se vi fa sentire meglio, immaginatevi il lift boy (o girl) che più vi aggrada.

Permettetemi di concludere con le parole forgiate da un Maestro di percezione e di ispirazione: William Blake.

In una lettera al reverendo John Trusler, scrittore e editore:

L’albero che a qualcuno provoca lacrime di gioia, per altri è solo una cosa verde che sta in mezzo ai piedi. Qualcuno vede nella natura solo gli aspetti del ridicolo e della deformità e un esiguo numero nemmeno la vede. Ma agli occhi dell’uomo di immaginazione, la natura è l’immaginazione stessa. 

Se le porte della percezione fossero ripulite, ogni cosa apparirebbe all’uomo così come è: Infinita. Perché l’uomo si è serrato fino a vedere tutto attraverso le strette fessure della sua caverna. (Il matrimonio del paradiso e dell’inferno)

Buon viaggio!

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