
Noi di 8tto e voi che ci seguite siamo lettrici e lettori accaniti. Su questo non ci sono dubbi. Come lettori abbiamo quindi – ma qui generalizzo una mia propensione – la tendenza a vedere storie dentro i luoghi, e luoghi attorno alle storie.
Forse questa tendenza non dipende dalla lettura, ma dalla curiosità, dall’amore per i luoghi. Punto.
Personalmente provo una particolare attrazione per le ambientazioni in UK (addio, UK), in Irlanda, nel nord dell’Europa. Il setting è già metà della soddisfazione di lettura. E poi amo le storie senza ambientazione altra se non la mente. Ma questa faccenda appartiene a un discorso diverso.

Non significa, certo, che non leggo romanzi che abbiano luogo a Roma, a Mosca, a New York o a Buenos Aires, è solo che la loro strada verso il mio cuore è un po’ più in salita.
E immagino ognuno di voi con i propri luoghi del cuore. E qualunque essi siano, vanno bene, perché sono vostri.
Il problema dei luoghi del cuore, però, a volte, è che spesso accendono in noi la malinconia per un altrove, che in certi casi non sappiamo nemmeno localizzare. Basta che non sia qui. Siamo pervasi dall’insoddisfazione verso l’ambientazione della nostra storia, quella nota a tutti come vita.

Ci sono luoghi meravigliosi al mondo, dove chi ha la fortuna di abitarci non farebbe a cambio con nessuno; o sì, invece? Nell’immaginario collettivo, si sta sempre bene al mare, o su un’isola caraibica. Ma chi ci vive, forse preferirebbe avere le comodità di New York, anche se le temperature possono raggiugere livelli drasticamente bassi?
Questa insoddisfazione che ci pervade ci è stata spacciata come il carburante per andare avanti, per migliorarsi. In un certo senso è vero, ma non nel senso che ci propinano.
È più probabile che siamo noi, come lettori, a notare una palese verità: la vita ha la struttura di una storia narrata. E non è viceversa, come ci dicono tutti.
Siamo autori, creatori, della narrazione che racconta la nostra vita, in cui eleggiamo noi stessi a protagonisti e decidiamo qualunque cosa succede. Sì, è proprio così, perché decido io come reagire a qualunque avvenimento, vicino o lontano. L’ambientazione è tra gli elementi più facili da inserire nel nostro narrare. Che sia perché decidiamo che domani partiamo per Santo Domingo o per San Francisco, o che sia perché decidiamo di valutare l’ambiente circostante, di vederlo non con gli occhi di chi subisce, ma con quelli di chi crea.

Allora, quante potenzialità narrative offre un buco di posto sommerso dalla nebbia e devastato dall’inquinamento? Be’, molte più che un paradiso in riva alle acque cristalline di un oceano. A meno che questo paradiso non si riveli più problematico di quanto appaia a prima vista, regalando prospettiva e profondità alla storia.
Da giovane mi sono chiesta spesso: perché sono nata qui, in Italia, e qui in questo posto che a detta di tutti non ha nulla di bello (e se lo dicono tutti sarà vero, un po’ come quello che viene affermato in tv)? E solo ora, da molto adulta, capisco che un motivo c’è, sta a me coglierlo e capirlo fino in fondo. E chissà che tra dieci anni, invece, non vorrò andarmene a Copenhagen (sì, lo scrivo all’inglese per ovvi motivi). Nel frattempo accolgo ciò che questo posto mi dà, e dentro ci creo le opportunità che mi servono.
Per molte persone che incontro è difficile, però, essere felici del luogo dove hanno casa. E io me ne rattristo, almeno per i pochi minuti in cui abbiamo uno scambio umano, perché sembra che la felicità stia sempre da un’altra parte, nella storia di qualcun altro. Perché siamo tutti così insoddisfatti? Se posso azzardare un’ipotesi, colpevole è la mancanza di consapevolezza. Alcuni di noi ancora non sanno perché sono al mondo, anche se magari sono persone sicure di sé con professioni affermate e vite agiate. Ma non sanno ancora che senso abbia tutto ciò.
I libri sono un ottimo strumento per aumentare la propria consapevolezza, non solo perché offrono l’opportunità di vivere altre vite, in altri luoghi, in altri tempi; di conoscere cose, situazioni, realtà che non avremmo immaginato esistere; ma anche perché, come autori della nostra narrazione, leggere ci aiuta ad affinare la nostra abilità narrativa. Se vuoi scrivere, leggi: questo il consiglio di ogni scuola di scrittura. E vale per ogni tipo di racconto, su pagina o in versione live.
La lettura, così, ci viene in soccorso fornendoci gli strumenti del mestiere.
E poi tocca a noi tirarne fuori un capolavoro.